Nella prova scritta di
matematica agli esami di maturità,
la Scuola ricorda Bruno
de Finetti (1906-1985):
il centenario della nascita di una "voce
nuova".
(di Emilio
Ambrisi)
Quest’anno ricorre il
centenario della nascita di Bruno de Finetti uno dei più illustri
matematici italiani del XX secolo. Era nato, infatti, il 13 giugno
1906 a Innsbruck in territorio dell’impero austro-ungarico ma da
famiglia italiana, con forti sentimenti di italianità. Per gli studi
universitari scelse Milano, dapprima al Politecnico, poi cambiò
corso di laurea per seguire la sua vocazione matematica.
Giovanissimo pubblicò (1928- 1931) quei lavori che l’avrebbero reso
famoso come il principale formulatore della teoria soggettiva
della probabilità.
La Scuola Italiana non
poteva trovare modo migliore di ricordarlo e l’ha fatto
nell’occasione particolarissima degli esami di stato conclusivi
dell’indirizzo di liceo scientifico. L’ha fatto con un quesito
esplicito rivolto alle migliaia di giovani candidati alla maturità e
che richiama appunto alla concezione della probabilità introdotta da
de Finetti e alla sua famosa affermazione Probability does not
exist. La probabilità non ‘esiste’ di per sé, al di fuori delle
valutazioni che ne facciamo con la mente o d’istinto. Non esiste
cioè una probabilità oggettivamente determinabile, uguale per tutti.
E’ lo stesso de Finetti che
dà una descrizione molto bella, letteraria, della sua concezione, lo
fa parafrasando un brano di Uno, Nessuno, Centomila
(sostituisce probabiltà a realtà e sento a
mi do) di L.Pirandello – un autore che ama particolarmente e
cita spesso – :
"Ci fosse fuori di noi,
per voi e per me, ci fosse una signora probabilità mia e una signora
probabilità vostra, dico per se stesse, e uguali, immutabili. Non
c’è. C’è in me e per me una probabilità mia quella che io sento, e
una probabilità in voi: quella che voi sentite; le quali non saranno
mai le stesse, né per voi né per me". La probabiltà ha dunque
una natura soggettiva: è il grado di fiducia che un individuo ripone
nel verificarsi di un determinato evento E, ovvero è il prezzo p (
0≤ p ≤1) che egli è disposto a
pagare per avere 1 nel caso E si verifichi.
La notorietà di de Finetti
prende il via dalla sua concezione della probabilità ma finisce per
collocolarlo in una dimensione molto più ampia di scienziato e di
filosofo. E’ un piacere leggere de Finetti; anche nei suoi scritti
più tecnici trova il modo di condurre il lettore ad osservazioni e
divagazioni che gli fanno cogliere legami e significati inaspettati.
Il lettore di de Finetti non può non rimanere soggiogato dalla
vivacità e finezza dei ragionamenti che filano veloci come
distillato di una cultura ampia, profonda, che abbraccia in
ammirevole sintesi i più disparati campi del sapere. E’ uno
scrittore, de Finetti; e sempre gli è stato riconosciuto questo
dono.
La comunità matematica
riunita a Frascati nei primi anni sessanta affidò a lui, alla sua
penna, il compito di condurre la battaglia del rinnovamento
dell’insegnamento scientifico ed in particolare matematico che già
da alcuni anni – dal lancio dello Sputnik del 4 ottobre 1957 - si
era posto come essenziale per tutti i Paesi dell’Occidente nella
sfida tecnologica ingaggiata con i Paesi dell’Est. Un pezzo della
battaglia da combattere in Italia era costituito dalla prova scritta
di matematica agli esami di maturità scientifica, dove fin dagli
inizi (dal 1924) era tradizione assegnare problemi che richiedevano
una tecnica di discussione abbastanza standardizzata: la discussione
del trinomio di secondo grado con il metodo detto di Tartinville.
Bruno de Finetti assunse l’impegno; combattè la battaglia con
articoli apparsi sulla stampa nazionale e su riviste scentifiche,
ridicolizzando quei metodi e quel meccanicismo come una malattia da
cui occorreva guarire e che battezzò (mutuando qualcosa di analogo
fatto in Francia) morbo della trinomite . Il successo fu
pieno e totale perché al di là della particolarità della questione
avviò un periodo d’oro nelle discussioni sul rinnovamento
dell’insegnamento della matematica in Italia. Anzi, di tali
discussioni de Finetti fu il riferimento d’eccezione e la sua
autorevolezza scientifica in campo internazionale conferì al
dibattito una ricchezza e una qualità di cui tutto il mondo della
scuola e della didattica si è a lungo giovato. Assunse anche, nel
1971, la carica di Presidente della Mathesis, l’associazione degli
insegnanti di matematica, che tenne per circa un decennio (si dimise
nell’ottobre 1981) infondendo continuo entusiasmo per le iniziative
più varie nel campo delle riforme scolastiche e delle innovazioni
didattiche.
Alla battaglia per debellare
il morbo della trinomite de Finetti accompagna nello stesso periodo
la visione didattica di una matematica non formale, ricca di
significati, aperta alle applicazioni. Il suo credo è il
fusionismo. Condanna la fossilizzazione monodirezionale
dell’intelligenza, auspica, per tutti, visioni
interdisciplinari. Il fusionismo è appunto questo: vedere la
matematica non in compartimenti stagni, in capitoli autosufficienti
(analisi, geometria, algebra, aritmetica..) ma un tutt’uno
integrato. Una visione didattica che operativamente comporta una
ri-organizzazione della matematica atta a trattare parallelamente
argomenti di natura diversa, senza purismi, in maniera integrata,
con riferimento ai significati storici ed epistemologici nonchè
applicativi dei concetti e delle procedure. Preferisce non parlare
di insegnamento, né di istruzione ma di educazione e per questa la
matematica non è uno scopo ma uno strumento. Il saper vedere
in matematica è il titolo di un volumetto che pubblica ( con
Loescher) quale sintesi delle sue vedute didattiche, ma quello che
propone, se compreso, è un saper vedere nella vita.
Figura così eccezionalmente
ricca di spirito critico, di vaste conoscenze (in ogni campo), di
straordinaria umanità, si divertiva ad esporre (seguendo una
citazione presa da Giovanni Papini) «con quali cautele e quali
accorgimenti si possa giungere a formulare delle proposizioni che
abbiano un senso » rivelando anche un particolare gusto nel
coniare nuovi vocaboli, ad esempio:
adhoccagini = espedienti empirici ‘ad
hoc’ (specie quelli usati per contraffare con tecniche artificiose
concetti matematici). Usa insiemistificazione per condannare
la negatività della teoria degli insiemi nell’insegnamento della
matematica degli anni 60 e 70, specie a livello di scuola
elementare, e nelle manifestazioni del suo impegno sociale e
politico riferendosi alla burocrazia utilizza spesso i termini
burofreniche o burosadiche: tutte le cose fatte
‘sistematicamente’ diventano burocratizzate.
Ama le voci nuove, si
candida alle politiche (anticipate) del 1972 con il Mpl – Movimento
politico dei lavoratori di Livio Labor – e qualche tempo dopo
rischia la galera per « istigazione dei militari alla disobbedienza»
(aveva tra l’altro dato il nome di direttore responsabile alla
stampa radicale di Marco Pannella, che giudica: sempre
all’avanguardia, infaticabile, indomabile). E’ arrestato
all’uscita dell’Accademia dei Lincei e portato a Regina Coeli
ma gli accademici non lo lasciano solo ed è prontamente liberato.
(Chi scrive l’ha sentito ricordare quel triste momento: mi hanno
fatto venire solo l’acquolina in bocca! Ma il ricordare era una
evidente sofferenza)
Dirige per anni un
seminario internazionale sull’Economia al CIME (Centro
Internazionale Matematico Estivo). L’obiettivo è cercare di vedere
se e quali apporti della matematica riuscissero a fornire
all’economia suggerimenti appropriati riguardo al modo di migliorare
le strutture e i criteri e le situazioni a favore del livello di
vita delle popolazioni. Qui le voci nuove sono importanti e vanno
ascoltate. Le voci nuove sono quelle di «coloro che riescono a
vedere le storture in grande, cioè nella loro terrificante
dimensione, a vedere i problemi in grande, cioè nella loro
sostanziale interezza (anziché isolati e spezzettati come elementi
anatomici); di coloro che sentono di dover soffrire per la colpa
grande – colpa di noi tutti anche se ciascuno da solo non sa come
rimediare né da dove cominciare a tentare di rimediare, colpa
dell’umanità che non si cura di lenire le sofferenze di tanta parte
di sé e spesso fa anzi immani sforzi per aumentarle, perfino
costruendo bombe e perfino affidandole ad assassini che le buttino
dagli aerei. Ma….. perché non far piovere gratis l’equivalente in
cibi medicine e altre cose utili?.... Evidentemente….. sarebbe uno
spreco insensato! ». Più volte, per comunicare il suo pensiero, ha
trovato utile ricorrere ad una scena di un film che gli è piaciuto,
con Marlene Dietrich che impersona la Grande Caterina attorniata da
generali che volevano persuaderla a una guerra e lei zittirli
dicendo che voleva sapere che cosa ne pensasse Ivan Ivanovic. Ma chi
è costui? E’ il semplice soldato che quella guerra dovrebbe fare.
«E i problemi di Ivan Ivanovic, – Egli
scrive – cioè di ciascuno di noi, riguardano il modo di vita, la
qualità di vita, che richiede, sì, un certo benessere, ma più ancora
la sicurezza di ricevere dalla comunità ciò di cui ha bisogno e
diritto in cambio del contributo di lavoro e di idee e di impegno
che è tenuto ad offrirle; e riguardano soprattutto il diritto
alla tranquillità di vivere in una società altamente civile libera e
ordinata, che si basi sull’equità, tuteli la natura, promuova la
cultura, garantisca le libertà che spettano ad ogni essere umano».
E’ un monito di un’autentica voce nuova che risuona particolarmente
adatto al momento storico che viviamo, fatto di differenze tra i
singoli divenute eccessive e tali da porre il riscatto morale ed
etico quale questione principale da affrontare.
Il programma delle
iniziative per la ricorrenza del centenario è ben nutrito, un pò
dappertutto nel Mondo, e certamente ci sarà da aspettarsi interventi
che meglio faranno cogliere la rilevanza dell’opera di de Finetti,
qui si vuole concludere parafrasando de Finetti nella conclusione
del suo scritto su Einstein:
Dobbiamo un sentito «Grazie!
» a de Finetti. Per le sue idee, per il suo impegno disinteressato e
coraggioso. ……Che il suo esempio ispiri gli sforzi per il progresso,
sia scientifico, e sia, più ancora, civile morale e spirituale,
dell’umanità! In particolare in Italia ne
abbiamo impellente bisogno!