Esposizione. Cosa vuol dire? Il verbo “esporre” ha un doppio significato:
1° - mostrare qualcosa, degli oggetti 2°- spiegare verbalmente. Un’esposizione di Matematica, da parte degli allievi, deve avere i due significati. Ora, perché questo sia possibile, l’allievo deve aver fatto suo il concetto; deve aver creato lui il concreto e l’astratto, e cioè il materiale da esporre e l’argomento da spiegare verbalmente. Devo dire qualcosa su come mi è nata l’idea di un’esposizione di Matematica, molti anni fa. Nel settembre del 1949 sono stata invitata a Sèvres (Parigi) dove si teneva un Convegno su “Les classes nouvelles”, una luce didattica “attiva” dopo gli anni di guerra; si discuteva sull’insegnamento attivo riguardante varie discipline. L’invito era venuto su proposta di alcuni Professori di Matematica che erano stati”colpiti “dai miei lavori sull’insegnamento della geometria intuitiva, così lontani dalle rigide idee francesi. Rischio, al primo intervento(che è stato anche l’ultimo), di essere linciata; si dichiara che io facevo un insegnamento “par les mains sales”(con le mani sporche). Sono stata salvata da un gruppo di giovani insegnanti belgi: erano allievi e amici di Paul Libois .Avevo conosciuto Libois a Roma, prima della guerra, come studioso di geometria algebrica: aveva passato più di un anno a Roma per lavorare con mio padre e con Enriques. Ma, ora, i colleghi belgi di scuola secondaria mi presentavano un altro Paul Libois; mi invitarono ad andare a Bruxelles per rendermene conto. E’così che dal 1950 mi sono legata alle attività di Bruxelles dell’Ecole Decroly e dell’Université Libre .E’allora che ho capito l’importanza che può avere l’Esposizione di matematica per tutti: bambini , ragazzi , studenti universitari. Un’importanza che riguarda sia il punto di vista psicologico che quello sociale. E devo dire che in tal senso un forte aiuto mi è stato dato da Jean Piaget e dalla sua Scuola.Ma lasciamo tutto questo per tornare alle Esposizioni di matematica. Sull’esempio di Bruxelles ero sollecitata ad organizzare qualcosa nella mia scuola media. Ma, come fare con tanti allievi? erano circa 180 (due sezioni parallele); no, non potevo. Poi, alla fine degli anni “60, Lucio Lombardo Radice e Bruno De Finetti hanno cominciato a mandare a me, a Lina, a Liliana, a Ugo degli studenti universitari dell’ultimo anno, particolarmente interessati alla didattica della matematica. Non c’era un permesso ufficiale, anzi il permesso di”ospitare” per un anno qualche studente universitario era stato negato, ma …prima uno, poi due, poi quattro e anche più, erano lì in classe, come fratelli maggiori dei ragazzini della Media. Ed è proprio basandosi sulle Osservazioni di questi ragazzini che gli studenti universitari scrivevano la loro tesi di laurea. Expo1971 Ora, con questi ospiti universitari, avevo un aiuto per organizzare un’esposizione. E la prima volta di questa esperienza eccezionale è stata nel 1971. I miei quattro giovani universitari erano: Lucilla, Daniela, Fulvia, Raimondo. E’assieme a loro che decido fin dall’autunno del 1970 di organizzare un’esposizione da tenersi a maggio “71. Parlo di questa idea nelle varie classi , dicendo che ci saremmo riuniti, a gruppi, due tre volte nel pomeriggio, ma che la partecipazione era facoltativa. E così, d’accordo con il bidello che abitava nello stesso edificio della scuola, il portone si apriva alle quattro per qualche minuto per fare entrare; veniva poi riaperto dopo due ore per l’uscita. C’erano dei ragazzi che venivano da lontano…”Che fai-mi ha detto mamma-Ti strozzerai a mangiare così in fretta!” Io ho detto:”che importa? Pensa, oggi c’è matematica!”Così Massimo di 11 anni. Così tutti. Si colgono, davanti al portone, questi dialoghi:”te, dove vai? Io vado a “quadrighe”, da Fulvia; io faccio “probabilità” con Daniela; io….”.In quell’anno c’era, come spesso accade, un ragazzo con qualche problema psichico, per cui mi sono trovata a lavorare con uno psichiatra. Quando si tratta di scegliere l’argomento da portare all’Esposizione, ognuno era libero nella scelta, quel ragazzo dice: “io voglio stare in un gruppo che fa qualcosa di geometria analitica”. Lo psichiatra gli dice:” ma perché sceglie un argomento cosi difficile?” “Perché - gli risponde – io in geometria analitica mi sento tranquillo; so dove tenermi”. Ecco il valore di un indagine psicologica che può avere un esposizione. A questo proposito apro una parentesi , facendo un salto di anni . Paola e Carla nelle loro meravigliose classi di scuole medie di Roma, con gli ambienti più difficili, hanno evidenziato risultati analoghi: le due bambine di una prima di Paola , che non riuscivano ad esprimersi durante un anno, e che li, in presenza di visitatori mai visti, espongono con sicurezza e con gioia; e, da Carla , il ragazzino fortemente balbuziente, che incoraggiato dall’affetto dei compagni, riesce durante l’esposizione, a vincere se stesso. Ma questa era una parentesi, che raccoglie tanti altri casi; io ho parlato di scuole che conosco perché le seguo giornalmente. Torno all’Expo, 71. Riferirò dopo dei commenti scritti dai 171 ragazzi ; e, poi, capirete il perché del “dopo” . Alla fine di quest’anno scolastico una cinquantina di ragazzi è stata inviata ad esporre a Milano, presso l’OPPI (Opera Preparazione Professionale Insegnanti). Siamo andati in pullman , e sono venuti anche quattro studenti universitari. Era bello: si notava, in quel viaggio , il diverso ambiente sociale dei ragazzi: qualcuno non era mai uscito da Roma, altri erano andati anche all’estero. Allora , nel lungo viaggio, li ho conosciuti veramente. Sono loro che hanno scritto quel, libro “ Documenti di un esposizione di matematica” , titolo a cui hanno voluto aggiungere “ da bambini a uomini” . EXPO 1974, mese di aprile. I tabelloni sono qua, assieme a tutto il materiale, creato in modo artigianale. Sono passati più di 27 anni dalla costruzione di questi oggetti, e qui a Sesto, hanno ritrovato la “freschezza” di una volta per l’opera di restauro del gruppo di amici “Mat90”, e in particolare di Marta Cecchi. Ci sono argomenti più vari, perché molti sono stati gli aiutanti. Non ci si deve spaventare di argomenti che non sono davvero in programma: dipende dal fatto che i collaboratori erano o già specializzati in qualche settore o volevano proporre ai ragazzi degli studi particolari. Comunque, non ne parlo perché sono lì esposti, e poi c’è il libro scritto con Mario Barra, cioè scritto principalmente da lui; e questo libro si trovatelle librerie, a differenza di quello sull’Expo 1971. L’esposizione del , 74 ha avuto un seguito importante: le terze sono state invitate a Bruxelles dall’Ecole Decroly nel settembre , 74 , quando i ragazzi avevano ormai finito la Scuola Media. Viaggio in treno offerto dal Ministero degli Esteri. A Bruxelles, e poi a Losanna; i ragazzi erano ospiti di famiglie di loro coetanei. Gli allievi erano 35 e noi, gli accompagnatori, eravamo sette, e cioè: Mario Carrozza, un bidello genio della tecnica che ci aveva sempre aiutato per costruire i modelli, e poi Mario, Raimondo, Paola , Carla, Daniela V. Un viaggio bellissimo, fatto a tratti per vedere qualcosa Roma – Lucerna- Strasburgo – Lussemburgo- Bruxelles. Arrivati a Bruxelles, tabelloni e materiale sono stati esposti per due giorni all’Ecole Decroly, utilizzando le lingue più varie parlate all’italiana. E’ Paul Libois che ha presentato l’esposizione a Professori e studenti di Bruxelles. Ha detto : “ A nome di tutte le autorità Belghe , io ringrazio questi ragazzi di Roma che hanno fatto un viaggio tanto lungo per venirci a spiegare i loro bellissimi lavori di matematica” . No, questa presentazione , non se l’aspettavano davvero! Poi, dopo Bruxelles , partiamo per Roma via Losanna per esporre in questa città. Ci aveva invitato il direttore dell’insegnamento secondario, Georges Dind. Mentre si tornava a Roma notiamo che i ragazzi erano davvero cambiati; era stato il viaggio, la conoscenza di altri ragazzi di altre scuole, era stato il loro lavoro ed il loro impegno. Non erano più i giocherelloni del viaggio di andata. Ed anche noi, forse, eravamo cambiati. Gli anni passano ed i tabelloni a viaggiare, alcune volte , solo con noi, senza ragazzi!! Nel agosto del 1976 siamo invitati ad esporre al congresso dell’ ICME ( Internazionale Commision Mathematics Education ), a Karlsruhe . Erano stati invitati anche Lina Mancini che aveva organizzato un esposizione al liceo Virgilio di Roma e Nino Conte che aveva realizzato tabelloni su matematica e botanica con gli allievi diversamente abili di Pomezia. Tutto questo materiale era esposto a Karlsruhe , nei locali del Congresso , con la scritta “Matematica nella realtà in Italia”. Nel 1977 siamo stati invitati in Francia , a Limoges ,dall’ APM (Association Professeures de Mathematiques). E quindi di nuovo in viaggio, noi “grandi” a cui si aggiungono Bruna e Nicoletta. E questa volta tabelloni e materiale hanno rischiato di scomparire per sempre, per un tentativo di furto in un garage di Avignone, dove eravamo di passaggio. Ma i ladri si sono resi conto che non valeva proprio la pena! 1980- a Barcellona 1079 – Eccoci di nuovo a lavorare con i ragazzi del 74. Lucio Lombardo Radice e Bruno De Finetti organizzano per la fine di Ottobre due esposizioni all’Accademia dei Lincei: vogliono, in questo modo, festeggiare l’andata in pensione mia e di Lina Mancini. Lina aveva, anche di recente, organizzato dell’esposizioni con i suoi allievi del Liceo Virgilio di Roma. Per me la cosa era più complicata : come ritrovare i miei allievi di cinque anni prima, almeno quelli che allora facevano la terza avevano, proprio nel 79, terminato le scuole secondarie superiori. Ma la voce passa, e io me li vedo ancora a casa mia, sdraiati sui loro tabelloni,questi che sono qua , stesi sul pavimento.” Come si fa –dico- siete davvero cambiati. Non ricorderete niente , e poi farete confusione con la matematica che avete studiato in questi cinque anni” . Anna : “ come si fa a non ricordare il viaggio a Bruxelles? – dice Valerio – io a rivedere i tabelloni mi sono gia dimenticato di tutta la matematica dei cinque anni “. Dopo i Lincei, i tabelloni e tutto il materiale hanno avuta degna sede presso la Casa Editrice La Nuova Italia, a Roma ; è il dottor Sergio Piccioni che aveva organizzato un Locale -Studio . Andavano Professori e studenti, e spesso si facevano corsi di aggiornamento. Poi dopo molti anni, a seguito della diminuzione di attività della sede di Roma , i tabelloni e il materiale non trovarono più posto in quei locali. E’ a Gino Manni , il fac-totum de La Nuova Italia, che va il nostro grazie: a lui si deve di aver conservato con cura ed intelligenza tutto il materiale fino a consegnarlo alla Biblioteca del Comune di Sesto Fiorentino, che ringrazio ancora per aver accettato. Ma torniamo agli anni 80 . Di nuovo in viaggio, in quegli anni, con i ragazzi dell’Expo 74 e 79 (Lincei ); esposizione organizzate dal CIDI: Bari, Genova, Milano. Ma gli anni 80 hanno per me ben altro significato. I miei allievi sono diversi: sono ragazzi e ragazze del Niger , in particolare di una scuola di Niamey, la capitale . Nella nostra ignoranza geografica si fa spesso confusione fra Niger e Nigeria; ecco una cartina. La Nigeria era una colonia britannica; è un paese ricco per risorse minerarie e giacimenti di petrolio, il Niger, colonia francese fino al 1960, è un paese poverissimo;si muore di fame e di sete. E’ vastissimo, quattro volte l’Italia . Si estende nella fascia del Shael; è in gran parte desertico. Ha solo, da una stima recente, 10 milioni di abitanti. Scuole: solo in pochissime cittadine. L’insegnamento è dominato dai francesi, ancor oggi a più di 40 anni d’indipendenza. Nelle scuole la lingua è il francese; mentre la loro lingua , per lo più l’hausa, è ben diversa: è una lingua primitiva. Un’ amica francese Annie Bertè, mi parlava di questo paese dove lei insegnava da anni. Dico subito che Annie non aveva certo idee colonialiste. Mi propone di andare. La prima volta, dicembre 1977, mi viene pagato il viaggio dall’IREM di Niamey; la seconda e la terza volta, dicembre 78 e gennaio 80, ho un incarico ufficiale da parte dell’ Unesco ; la quarta volta, gennaio 82, è il CNR italiano che paga il viaggio. Nelle scuole, le pochissime che ci sono (l’analfabetismo supera l’85% ) , la lingua è il francese, ma gli abitanti parlano un altro idioma, in genere l’hausa, che è solo verbale. Avevo studiato libri, letto articoli e rapporti sulle lingue primitive, ma non mi ero resa conto di quello che vuol dire. Ne ho realizzato il significato proprio nel primo viaggio, partecipando ad un convegno di etnologi che si teneva a Niamey. Alcuni congressisti volevano avere notizie di un famoso letterato del Malì che era morto in un villaggio a pochi Km da Niamey, mentre si recava con un gruppo alla Mecca. Questo era accaduto alla fine dell’Ottocento. Allora lì in quel misero villaggio, il più vecchio del paese ha raccontato che i suoi genitori parlavano spesso di questo pensatore, e lui, questo vecchio, vestito di bianco, nobile nella sua povertà avrà parlato per un’ora nella sua lingua hausa. Poi la traduzione in francese : pochi minuti. Perché la lingua primitiva non ha i tempi (passato,futuro); tutto si svolge al presente, e occorre allora “colorire” il discorso per localizzare il fatto nel tempo. A scuola , come ho detto, la lingua è il francese. Non è facile passare da una lingua primitiva a una strutturata come sono le nostre. Ma di questo i francesi non vogliono rendersene conto, nemmeno oggi. (Vedi un articolo sul corriere dell’UNESCO del luglio –agosto di quest’anno, a proposito delle scuole del Burkina Faso). Dunque, la prima volta, una settimana nel dicembre del 77, faccio la conoscenza di alcune scuole di Namey e del circondario ; classe di 40 allievi. Si interessano, e capisco che ci potrei lavorare bene, anche se sono un po’ sbalorditi da una matematica che si distacca molto dal loro programma francese che è astratto anche a livello elementare. E, nel Niger, che è considerato ancora colonia , la matematica è presentata in modo particolarmente astratto per “schiacciare” delle intelligenze. Poi, anno 1978, fine novembre inizio dicembre, ho un incarico ufficiale dell’Unesco: su mia richiesta, invece di fare dei corsi per gli Insegnanti, ho per 20 giorni una classe in una scuola di Niamey; una classe corrispondente a una nostra terza media ma gli allievi sono molto più grandi hanno fra i 15 e i 18-19 anni. Sono quei pochi che hanno la possibilità di vivere a Niamey dove c’è qualche scuola e del resto, che bisogno c’è di saper leggere e scrivere in un paese dove si muore di fame e di sete? Si esercita la memoria ripetendo fin dalla più tenere età i versetti del Corano; e sono forse questi a dare la forza di vivere con serenità che dovrebbe essere di esempio a tutti noi. Ma torniamo a scuola , nella mia scuola. Sapevano, gli allievi della sez. A, che per la matematica qualcosa cambiava durante una ventina di giorni; era stato dato loro un quaderno nuovo per un corso nuovo; era l’Unesco(questo ente misterioso) che aveva dato il quaderno. Ed io mi trovo in una grande aula con 40 allievi, ragazzi e ragazze. La porta è aperta: può entrare chi vuole. Ed entrano ispettori e consulenti francesi, sempre presenti nelle scuole della ex colonia francese. Io comincio dai soliti problemi sulle aree e sui perimetri, problemi che interessano sempre, sotto qualunque cielo, perché sollecitano ad osservare e a riflettere su qualcosa che varia e su qualcosa che è invariante. Attenti, attentissimi, ma non osano parlare; ed io continuo perché “sento “ il loro interesse. Il programma era questo : rettangoli isoperimetrici e rettangoli equivalenti. Triangoli isoperimetrici e triangoli equivalenti di uguale base. Parabola, iperbole, ellisse. Le coniche come sezioni del cono. E, con questo programma di geometria c’era ovviamente, tutta l’aritmetica relativa; e c’erano i grafici. Era il programma che io svolgevo a Roma in un anno! Gli argomenti se li ripetevano fra loro nelle misere case in terra secca o per strada. Loro lavoravano e io passavo notti a costruire con poco o niente. Dovevano, a loro scelta, dividersi in 10 gruppi, per argomenti e per compagni. Tutto facile ma nessuno voleva Salem “ perché lui, mi avevano detto un giorno che non c’era è algerino ed è ricco; lui non parla con nessuno di noi !” Io non so davvero come ho fatto : ho messo in risalto alcune osservazioni matematiche fatte da Salem; gli ho detto che lui poteva spiegare bene all’esposizione, e il miracolo è avvenuto! “Salem, viene nel nostro gruppo ha detto qualcuno”. E Salem ha cambiato carattere, è cambiato. Questo può fare un esposizione di matematica: unire i ragazzi. I banchi, nella loro aula, erano stati disposti giro-giro e dietro ai banchi stavano gli allievi, e dietro a loro erano appesi alle pareti i tabelloni; sui banchi il materiale. Il primo Sakou, un ragazzino molto estroverso che , proprio per questo, aveva scelto come primo, “Soyez les bienvenius” e , in breve dava un idea dei vari argomenti che avrebbero trovato percorrendo la sala nel senso delle frecce. I visitatori: colleghi di altre scuole, ragazzi di altre sezioni e naturalmente, ispettori e consulenti francesi; molte, molte persone. Io, fuori, nel giardino-cortile della scuola. Annie Bertè entrava spesso nella sala e cercava poi di tranquillizzarmi, ma io ero ovviamente agitata. Nel pomeriggio avanzato,quando l’Esposizione stava per chiudersi,mi vengono a chiamare d’urgenza: c’era il Rettore dell’Università, M. Ba , un matematico. Voleva conoscermi e voleva, prima di entrare, che gli descriversi l’esposizione. Ho detto vengo con lei , ma dell’esposizione parleranno i ragazzi. Si entra e “soyez le bienvenu M. le Recteur” dice Sakou. Poi, come faceva sempre, parla dei vari gruppi dell’esposizione. Passiamo cosi da un gruppo al successivo. Rimango sbalordita: non avrei mai immaginato tanta sicurezza, tanta proprietà di linguaggio, tanta gioia nel presentare i vari argomenti e i loro lavori. Arriviamo all’angolo da cui Amadou vigilava sulla classe:Amadau, infatti , oltre ad avere un’intelligenza straordinaria, era sempre pronto ad aiutare i compagni in difficoltà. Amadau parla della parabola: le proprietà del fuoco: a questo proposito mostra la fotografia della parabola e della catenaria, e del fatto che non è l’occhio che può distinguere una curva dall’altra, ma le proprietà matematiche, i rapporti, l’equazione. Parla della resistenza dell’arco parabolico, a cui avevo accennato, ma nel Niger non troviamo certo ponti con questa forma. Timidamente dice che dalle misure e dagli studi che aveva fatto in quei giorni gli sembrava che il tetto delle capanne dei loro antenati, gli Hausa, avesse la forma parabolica. Era evidente diceva che la sola intuizione aveva portato i nostri antenati a questa curva. Io ero impressionata: io non avevo mai detto niente di tutto questo, e lui, Amadou, aveva studiato e misurato; e ravvivava il suo discorso con riflessioni sul passato del suo paese, e con descrizioni che si staccavano dal nostro freddo linguaggio per colorarsi delle tinte vive di una lingua primitiva. Il Rettore era commosso. Quando, dopo più di un ora ha terminato il suo giro, ha detto alla classe che questa esposizione era un successo per tutto il Niger. Il giorno dopo, prima di prendere l’aereo , chiedo al preside se potevo avere ancora un ora nella mia classe. Do a tutti un foglio e dico di scrivere qualcosa sul tema “Ieri ero io il professore”. Ho avuto cosi dei “Documenti” simili a quelli che avevano scritto i miei allievi di Roma , sette anni prima, nel 1971. Eccone qualcuno, mettendolo a confronto . A Niamey molti scrivono così : “ Io sono stato contentissimo di spiegare a dei Professori e mi ha fatto sentire grande. Molti ci chiedevano più cose di quelle scritte sui tabelloni, e noi siamo riusciti sempre a dare spiegazioni esatte; ci si aiutava fra noi “ i ragazzi di Roma hanno cosi scritto ;” Tutti i nostri clienti, che erano professori, sono rimasti entusiasti, perché noi ragazzi abbiamo saputo esprimerci bene. Se facevano qualche domanda su argomenti che non erano sui tabelloni , ci si aiutava fra di noi.” Ed ancora da Niamey: “ C’erano dei visitatori che cercavano di metterci in difficoltà. Erano gelosi perché noi rispondevamo troppo bene”. Mentre a Roma : “ Alcune volte le domande che facevano erano ‘cattive’, erano fatte per farci cadere e per metterci in difficoltà. Forse erano invidiosi”. Ma c’è un documento, anzi più di uno , che non ha certo il corrispondente in italiano, in cui si dice: “ Con questo studio della matematica e con questa esposizione ho capito che nero può avere la stessa intelligenza di un bianco”. Ho mandato questi scritti all’Unesco a Parigi. Questa missione per l’Unesco era di due corsi in anni successivi. Cosi, dopo aver preso accordi con il preside di Niamey sul periodo più opportuno, tornai a Niamey i primi di gennaio del 1980 per venti giorni. Trovai un ambiente diverso : il Rettore mandato via e sostituito da un professore molto legato alle teorie parigine, il preside duro e freddo, scontento di vedermi e mi disse che avevo scelto un periodo non adatto e che gli allievi non erano contenti. Questo colloquio avvenne in presidenza , e …….. poi suonò la campanella per l’intervallo. Uno dei miei ex allievi scoprì, attraverso la porta socchiusa che era tornata la sua professoressa. I miei 40 allievi, senza curarsi delle rigide direttive scolastiche spalancarono la porta e mi circondarono. Ma le cose non cambiarono: il giorno dopo il Rettore ,il preside e qualche consulente francese mi dichiararono che non ero gradita. Risposi: “ Parto subito ma , poiché devo fare un rapporto all’Unesco dichiarerò quando sta accadendo e farò i vostri nomi e cognomi”. La situazione cambio: “Va bene , disse il Rettore, sarà dato un quaderno nuovo”. Il giorno dopo entrai in classe , la mia classe. Sono eccitatissimi . Mi dissero che erano sempre 40 ed al posto di …….una nuova compagna . Io dissi come si farà, avevo pensato ad una nuova esposizione ma come farà lei la nuova compagna poverina? “Che importa dissero l’aiutiamo noi”. E come fosse un palcoscenico teatrale si raggruppano come nell’esposizione di un anno prima , e ripetono senza tabelloni le spiegazioni che avevano dato un anno prima. La compagna non poteva capire nulla, ma io avevo capito che quel programma li aveva profondamente impressionati e non si trattava di un imparaticcio a memoria. La seconda esposizione proponeva questi argomenti: geometria analitica , affinità, prospettiva, leggi matematiche ,grandezze direttamente e inversamente proporzionali. Anche questo era il programma di un anno scolastico in Italia. Qualche difficoltà per la prospettiva. Nel Niger non ci sono stati mai pittori (“ quando un paese è tanto povero mi aveva detto il direttore del museo ci si dà alla musica e non alla pittura”).E cosi sono diventata per qualche giorno insegnante di disegno a partire da come si vede la realtà anche l’esposizione fu questa volta ancora un vero successo. Ritornai nel Niger fra gennaio e febbraio del 1982. L’invito venne da un gruppo d’insegnanti del Niger. E cosi andammo in Land Rover nel nord del paese,a Tahoua e ad Agades. E le reazioni sono le stesse: un intelligenza viva, una gioia di apprendere, di studiare. Percorrendo la strada che taglia il deserto s’imparano tante cose : la strada era costruita per raggiungere una miniera d’Uranio e cosi, andando verso nord s’incontravano camion diretti al sud, all’aeroporto di Niamey per portare ricchezze ai paesi ricchi. Non si riflette nel nostro mondo dove domina il culto del denaro e del potere, che perdere intelligenze come quelli di Amadou e dei suoi compagni è ben peggio che perdere una miniera d’Uranio. Ma torniamo alla nostra piccola scuola , dobbiamo essere sereni. I tabelloni ed i materiali che avete voluto accettare stanno li, non certo per essere ripetuti dagli allievi . Sono li soprattutto , per farci riflettere che anche la più elementare delle esposizioni , anzi soprattutto la più elementare porta ad unire bambini , ragazzi, giovani delle razze e degli ambienti più diversi . Atti Convegno "EMMATEMATICA" - 26 Ottobre 2001 EDIFIR Edizioni Firenze Emma Castelnuovo
http://redescolar.ilce.edu.mx/redescolar/act_permanentes/mate/mate5b/mate5b.htm |