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i segreti di un istrione -
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Capitolo 13 - 1973

"OGNI FUCILE È NERO"

Nel gennaio '73, con una lettera aperta sul Messaggero, Pannella protesta contro la nuova legge sulla droga preparata dal governo di centro-destra Andreotti: "Se non finiranno gli arresti di centinaia di giovani per uno spinello, fumerò hashish anch'io e mi farò arrestare". Solidarizzano con lui Ruggero Orlando, neodeputato psi dopo 18 anni negli Usa come corrispondente Rai, e lo psichiatra Luigi Cancrini. "Negli ultimi cinque anni seimila persone hanno cumulato pene per almeno diecimila anni: cento secoli di galera, ma non per gli spacciatori", scrive Pannella.

Il Messaggero riceve decine di lettere sull'argomento, e in giugno dedica a Pannella un elogio di Costanzo Costantini: "Ecco le idee dell'uomo politico più picchiato, più processato e più innocente d'ltalia. Uomo-bambino scaltro e innocente, Pannella è realista e sognatore, mezzo Gandhi e mezzo Savonarola, un David che ha sfidato Golia senza disporre neppure di una fionda. È un leader privo di quei tratti sadico-autoritari che si ritrovano in ogni leader. Vive in una soffitta di via della Panetteria, in cui l'acqua piovana ha libero accesso. La sua parola è calda e intensa, sempre ancorata alla realtà quotidiana". Nel giugno '73 Stampa Alternativa di Baraghini e il Pr organizzano un convegno sulla droga: relatori sono Giancarlo Arnao, Guido Blumir, Buzzati Traverso.

In luglio Pannella scrive la prefazione del libro Underground: a pugno chiuso di Andrea Valcarenghi (ed. Arcana). "Queste dieci pagine sono finalmente il testo di un manifesto politico del radicalismo italiano. Rappresentano un avvenimento nella cultura italiana di questi anni. Non si può non conoscerle", è l'entusiastica recensione dello scritto di Pannella fatta da Pasolini su Tempo Illustrato.

"Carissimo Andrea", scrive il capo radicale, "dovevi rivolgerti a Umberto Eco, prefatore della nostra epoca scritta, o a Fortini, Pintor, Sofri. Io queste cose non le so fare. Con all'orizzonte i miei cinquant'anni, non ho scritto un solo saggio. Scorro le pagine che ti hanno dato Carlo Silvestro e Michele Straniero, così magnificamente psicopirotecniche: spostale, e saranno un'ottima prefazione. Tu sei un rivoluzionario. Io amo invece gli obiettori, i fuorilegge del matrimonio, i capelloni sottoproletari anfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i nonviolenti, i libertari, i veri credenti, le femministe, gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione" .

Continua Pannella: "Amo speranze antiche come la donna e l'uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica. Sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile, ogni rafforzamento dello Stato di qualsiasi tipo, contro ogni sacrificio, morte o assassinio, soprattutto se "rivoluzionario". Credo ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando si vuole essere onesti ed essere davvero capiti, più che ai saggi o alle invettive. Ci sono troppe splendide cose che potremmo fare anche con il "nemico" per pensare a eliminarlo.

"Voi di Re Nudo dite: "Erba e fucile". Non mi va. Lo sai, non sono d'accordo. Fumare erba non m'interessa, per la semplice ragione che lo faccio da sempre. Ho un'autostrada di nicotina e di catrame dentro che lo prova, sulla quale viaggia veloce quanto di autodistruzione, di evasione, di colpevolizzazione e di piacere consunto e solitario la mia morte esige e ottiene. Mi è facile impegnarmi per disarmare i tenutari di quel casino che chiamano l'Ordine, i quali per sentirsi vivi hanno bisogno di comandare, proteggere, obbedire, arrestare, assolvere. Ma fare dell'erba un segno positivo di speranza mi par poco e sbagliato".

Quanto alla violenza, Pannella la considera "un'arma suicida per chi speri ragionevolmente di edificare una società (un po' più) libertaria. La violenza è il campo privilegiato sul quale ogni minoranza al potere tenta di spostare la lotta degli sfruttati e della gente. Alla lunga ogni fucile è nero, come ogni esercito. E poi, basta con questa sinistra grande solo ai funerali, nelle commemorazioni, nelle proteste. Quando vedo, nell'ultimo numero di Re nudo, il "recupero" di un' Unità del '43 in cui si invita ad ammazzare il fascista, ho voglia di darti dell'imbecille... Come puoi non comprendere il fascismo di questo antifascismo? Come noi radicali, voi renudisti sostenete che non esistono dei "perversi", ma dei "diversi". Come possiamo recuperare allora, proprio in politica, il concetto di "male", di "demonio", di "perversione"? Quel che voi chiamate "fascista' si chiama "obiettore di coscienza", "abortista', "depravato" per altri".

Pannella riprende poi la polemica contro la Dc, "il vero fascismo di oggi": "I fascisti sono al governo: i Moro, i Fanfani, i Colombo, i Tanassi. Contro la politica di costoro si può e si deve essere antifascisti. Invece, sotto la bandiera antifascista si prosegue una tragica opera di digressione. Voi rendete un immenso servizio allo Stato d'oggi e ai suoi padroni se scaricate sui loro sicari, gli Almirante e gli altri ausiliari di classe, la forza dell'antifascismo vero. La legge Scelba serve a "sciogliere" la Dc?".

Conclude Pannella: "Per noi la fantasia è stata una necessità, quasi una condanna, piuttosto che una scelta. Così abbiamo parlato come abbiamo potuto, con i piedi nelle marce, con i sederi nei sit-in, con gli happening continui, con erba e digiuni, con "azioni dirette" di pochi, con musica e comizi. Le battaglie per i diritti civili sono mancate a tutto il vostro Movimento: un rozzo paleomarxismo ha fatto strage soprattutto a Milano. Sminuisci le nostre vittorie facendole mie e non, come sono, di quel collettivo felice e raro che è il partito radicale. Consiglio di leggere il tuo libro ai genitori-disperati per i figli-persi e contestatori; ai progressisti-bene in mal di politica dei redditi e di programmazione, sconvolti e indignati di non essere divenuti i vostri idoli. Capirebbero finalmente qualcosa di se stessi, oltre che di voi e di noi. E le loro facce diverrebbero meno peste e bolse".

Nel '73 le varie lotte radicali vanno avanti. In febbraio Fortuna, sempre lui, presenta la legge per legalizzare l'aborto. Il Pci è contrario. In giugno la quindicenne Gigliola Pietrobon è processata per aborto a Padova, e le femministe del Mld si autodenunciano in massa. In settembre Adele Faccio fonda il Cisa (Centro italiano sterilizzazione e aborto). Pannella entra nella presidenza Loc assieme a Mellini, Ramadori, Canestrini, Beppe Marasso e padre Balducci. Malgrado la legge Marcora appena approvata, nell'aprile '73 vengono respinte le domande a sette obiettori, fra i quali Cicciomessere, che quindi tornano in carcere. E la marcia anti militarista in agosto, da Trieste ad Aviano, si conclude davanti al carcere militare di Peschiera del Garda (Verona).

Nel giugno '73 Amintore Fanfani torna alla segreteria dc. La sua intransigenza vanifica le offerte di compromesso avanzate dal Pci per evitare il referendum sul divorzio: Fanfani, proprio come Pannella, è convinto di poterlo vincere. Ma ormai Berlinguer, dopo il golpe cileno, dichiara esplicitamente di volere un governo Dc-Pci per "evitare una svolta a destra".

Nel '73 Pannella torna alla sua professione di giornalista. Il direttore dell'Espresso Livio Zanetti gli propone infatti di seguire per dieci settimane le elezioni in Francia. "A condizioni finanziarie disastrose per me", ricorda Pannella, "me con la più assoluta libertà da ogni censura e controllo. Appena giunto a Parigi, però, gli accordi erano già saltati. Da 24 ore era lì, con un denso itinerario di incontri e interviste, il direttore editoriale. Mentre il corrispondente da Parigi, l'ottimo Giancarlo Marmori, aveva appreso soltanto da poche ore del nostro arrivo".

Proseguono le disavventure, poi spiattellate da Pannella su Prova radicale: "Il mio primo articolo viene ridotto di un terzo rispetto alla lunghezza concordata. E quando scrivo che Mitterrand "crede nel socialismo" e "non crede nel capitalismo", la redazione aggiunge un subdolo inciso, "ufficialmente", che capovolge il significato. Torno a Roma: se già in partenza gli "accordi" funzionano così, meglio abbandonare subito. Al giornale mi accusano di drammatizzare un incidente tecnico, di peccare d'eccessivo formalismo e rigore, ma tutti sono d'accordo nel deprecarlo. Mi assicurano che il fatto non si ripeterà, e mi pregano di tornare al lavoro.

"Così torno a Parigi. Scrivo un pezzo sul Pcf. Rilevo che i comunisti francesi non avrebbero mai potuto appoggiare, come fece il Pci nel '63, un personaggio come Cefis. Sull'Espresso la frase diventa: "Né è pensabile che il Pcf possa mai, come può aver fatto in passato il Pci, tollerare l'azione di ambigui personaggi dell'economia pubblica o privata". Da un'affermazione precisa, smentibile, ma anche documentabile, firmata, si passa all'allusione tipica di un certo nostro giornalismo che insinua non affermando".

Conclude Pannella: "Tre settimane dopo invio l'ultimo servizio, di prospettiva. Non comparirà mai. Antonio Gambino s'accorge che ci sono le elezioni francesi e tira fuori un pezzo in cui sostiene l'opposto di quanto fino ad allora pubblicato. Con un anticipo di una decina di giorni lascio Parigi. Invece delle oltre 70 cartelle concordate ne sono uscite la metà, in parte manipolate. Eppure quel che è passato è bastato per sollecitare grosse pressioni politiche cui è indubbio merito di Zanetti d'aver resistito".

Si domanda Pannella: "Perché un episodio così marginale vale la pena di essere raccontato? Perché se questo accade all'Espresso, vuol dire che anche numerosi colleghi di questo giornale ritengono certe procedure normali e ineluttabili. Questi colleghi sono, nella stragrande maggioranza, sicuramente "democratici" e non di rado più "a sinistra" di me, oltre a essere sinceramente amici e buoni compagni. E allora? Con Panorama, l'Espresso è forse l'unico settimanale politico che serbi libertà e contraddizioni tali da poter sperare di non essere assorbito dal regime. Cercare sempre di fare il massimo di pulizia proprio dove abitiamo, e non soltanto nelle sudice case dei Bernabei e dei Monti, o in quelle ipocrite e ottuse dei "puliti" Biagi e Ronchey, è il nostro modo di essere amici".

L'8 settembre '73 Pannella fonda il quotidiano Liberazione, sull'esempio del neonato Libération parigino diretto da Sartre. Il compito però è sovrumano, perché la redazione è composta soltanto da Pannella stesso, Enzo Zeno, Rolando Parachini e Roberto Della Rovere (poi al Corriere della Sera). Danno una mano Spadaccia, Baraghini e Aloisio Rendi. Tutti lavorano nelle due stanze di una tipografia in via Dandolo, a Roma. Per finanziare il giornale si tassano deputati socialisti e giornalisti dell'Espresso. Buzzati Traverso offre un milione. Maria Adele Teodori versa un'eredità appena ricevuta. Ma dopo un mese Liberazione diventa bisettimanale, e nel febbraio '74 dovrà chiudere.

Al congresso di Verona del novembre '73 il Pr elegge segretario il triestino Giulio Ercolessi, che ha appena 20 anni. Il partito si è irrobustito: le sedi e i recapiti sono passati da dieci a trenta in tutt'Italia, e il bilancio è triplicato fino a trenta milioni. I radicali preparano la raccolta di firme per ben otto referendum, che partirà l'anno successivo.

Nell'opuscolo Contro il regime pubblicato da Giulio Savelli (l'editore in seguito socialista, leghista e forzista), Teodori raccoglie interventi favorevoli ai referendum di Benedetti, Benvenuto, Bobbio, Branca, Adele Cambria (giornalista), Bruno De Finetti (scienziato dell'Accademia dei Lincei), De Marchi, Foa, Gigi Ghirotti ed Enzo Marzo (giornalisti), Gian Giacomo Migone del Pdup (Partito di unità proletaria), Sofri e Giovanni Russo. Antonio Padellaro, oggi vicedirettore dell'Espresso, è invece critico: "Condivido la diagnosi e la politica radicale, ma non la terapia referendaria".

Al congresso Pannella annuncia di non essersi più iscritto per evitare leaderismi, accentramenti, carismi. Il Pr è già troppo piccolo per lui?

CR Critica Radicale - 04/01/03 - E-mail: mailto:eclettico@megi.it